
Pubblichiamo il nuovo report di Scientists for Global Responsibility (SGR), a cura del fisico Stuart Parkinson, che conferma e rafforza la posizione che abbiamo agitato in questi mesi, a partire dalla manifestazione nazionale contro il riarmo europeo del 21 giugno a Roma, quando abbiamo detto con chiarezza: “Il riarmo europeo dichiara guerra all’ambiente.”
Lo studio passa in rassegna undici ricerche indipendenti, calcolando che ogni aumento di 100 miliardi di dollari nella spesa militare produce almeno 32 milioni di tonnellate di CO₂ equivalenti in più ogni anno. Solo tra il 2019 e il 2024, l’aumento delle spese NATO ne ha generato 64 milioni di tonnellate – quanto le emissioni di un intero Paese come il Bahrein – e con l’obiettivo del 3,5% del PIL destinato alla difesa si arriverà a 132 milioni di tonnellate annue, l’equivalente dell’intero Cile.
Si tratta di stime prudenziali, che non includono la devastazione ecologica diretta delle guerre (foreste incendiate, acqua avvelenata, territori cementificati) né i “buchi neri” nei registri ONU che permettono ai governi di occultare i dati. È già accertato che la guerra in Ucraina ha prodotto circa 200 milioni di tonnellate di CO₂, mentre il genocidio a Gaza comporta almeno 30 milioni di tonnellate legate alla distruzione e alla ricostruzione.
Di fronte a questi numeri, parlare di “difesa verde” è puro greenwashing. Come sottolinea il report, gli aumenti di spesa militare non solo accelerano la crisi climatica, ma rendono impossibile rispettare gli obiettivi climatici di Parigi. L’Unione Europea è pienamente consapevole di questa contraddizione e, invece di invertire la rotta, la istituzionalizza: prima inserendo gas e nucleare nella tassonomia come “verdi”, poi rilanciando massicci programmi come RePowerEU e ReArmEU. Il risultato è chiaro: terre sottratte alle comunità, pane sacrificato sull’altare della “sicurezza” militare ed energetica, democrazia subordinata agli interessi delle grandi industrie dell’energia e delle armi.
In questo scenario, il governo Meloni non fa eccezione: è anzi tra i più zelanti nel correre verso il baratro. In perfetta obbedienza alle direttive NATO e UE, il governo stanzia miliardi per nuove armi, cementificazione e grandi opere inutili, mentre mantiene e rafforza la dipendenza dai combustibili fossili.
Parliamo di una doppia devastazione, sociale e ambientale. Sociale, perché le risorse vengono sottratte a scuola, sanità, welfare, lavoro; ambientale, perché l’Italia diventa laboratorio di devastazioni climaticide: rigassificatori, autostrade, basi militari, centrali a gas e progetti nucleari.
Il governo Meloni dichiara guerra all’ambiente e a tutta la popolazione: a chi oggi lavora nei campi sotto il sole rovente, a chi vive nelle città sommerse dalle alluvioni, a chi migra perché i propri territori sono diventati invivibili, come già succede anche nel nostro paese con i disastri climatici in Emilia-Romagna e nel sud Italia. La “sicurezza” che promette è solo quella degli affari militari ed energetici.
Davanti a questa realtà, la risposta non può che essere organizzazione e lotta contro questo governo, a partire da alleanza con i lavoratori e solidarietà internazionale, come avverrà il 22 settembre in occasione dello sciopero generale indetto dall’Unione Sindacale di Base contro il genocidio in corso in Palestina e la guerra, a sostegno della Sumud Flottila, a difesa dei territori.