
Già nel 2024, dopo mesi di mobilitazione del mondo agricolo in Europa, abbiamo avviato una riflessione sul nesso tra settore agroalimentare, questione ambientale, diritti sociali e crisi di sistema. I nuovi OGM ci sono sembrati il punto di partenza per interrogare cause e soluzioni di questa crisi: presentati come innovazione tecnica, sono in realtà il palliativo di un modello agricolo in declino, che continua a riprodurre logiche di sfruttamento capitalistico e monopolio privato.
Per oltre vent’anni l’Italia aveva mantenuto una delle legislazioni più restrittive d’Europa sugli OGM, fondata sul principio di precauzione, che vietava la coltivazione di organismi geneticamente modificati, pur consentendone l’importazione per mangimi animali e con obbligo di etichettatura. Questa normativa, in vigore dal 1998 e rafforzata nel 2001, tutelava salute, ambiente e libertà dei consumatori.
Con il governo Meloni, questa linea si è spezzata. Il Decreto Legislativo 75/2023, collegato alla Legge di Delegazione Europea 2021, ha autorizzato la sperimentazione in campo dei cosiddetti “nuovi OGM”, le TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita), eliminando i controlli previsti per valutare i rischi ambientali e sanitari. È la prima apertura in vent’anni alla manipolazione genetica nei campi italiani. Una volta completato l’iter europeo, questi organismi potranno essere coltivati liberamente.
Questo processo, al livello nazionale, ha subito un ulteriore passo con l’approvazione al Senato della risoluzione Doc XXIV n. 35 il 29 ottobre, che impegna ulteriormente il Governo a legiferare in materia di TEA e a definire, in attesa di recepire la normativa europea, nuove aree di sperimentazione la cui collocazione costituisca informazione riservata.
A Bruxelles, intanto, la proposta di deregolamentazione delle TEA procede. L’obiettivo è ridefinire la direttiva sugli OGM, escludendo queste tecniche dalla categoria degli organismi geneticamente modificati: niente più etichettatura, nessun controllo preventivo, piena equiparazione alle colture tradizionali. Una liberalizzazione totale che – oltre alla contaminazione genetica delle varietà tradizionali – sancisce un ulteriore e pericoloso divario tra grandi multinazionali e piccola e media produzione agricola, attraverso il sistema dei brevetti sulle tecniche di modificazione genetica. Si tratta di un attacco diretto ai diritti contadini di seminare, scambiare e vendere semi propri – diritti riconosciuti anche dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dei Contadini.
Riproponiamo i contributi della conferenza Dai Trattori ai nuovi OGM – organizzata da Ecoresistenze e Centro Internazionale Crocevia nel maggio 2024 – che ha mostrato con chiarezza come la presunta “transizione ecologica” del governo e dell’Unione Europea si traduca, nei fatti, in una nuova fase di concentrazione del potere economico, con effetti devastanti per l’ambiente, la sicurezza alimentare e i diritti dei lavoratori agricoli.
La riflessione – nata dal confronto con Corcevia e i contadini della Via Campesina – è partita dalle mobilitazioni agricole europee, iniziate in Germania con le proteste contro l’eliminazione delle agevolazioni sul gasolio agricolo, poi in Francia contro le restrizioni ambientali, e infine in Italia, dove gli agricoltori hanno contestato l’aumento del costo del carburante e l’abolizione delle agevolazioni IRPEF. Le proteste hanno messo in luce le contraddizioni della Politica Agricola Comune (PAC) e del Green Deal europeo: da un lato gli obiettivi di riduzione delle emissioni e tutela della biodiversità, dall’altro la difesa della competitività di un modello industriale in crisi.
Le misure ambientali più avanzate della nuova PAC – come la rotazione delle colture o il 4 % di terreni lasciati incolti – sono state sospese a marzo 2024. Nello stesso periodo, la Legge sul ripristino della natura è stata bloccata dopo il voto contrario di Italia, Svezia e Paesi Bassi, e l’astensione di altri Stati. Questi arretramenti segnano la subordinazione delle politiche ambientali agli interessi agroindustriali.
Oggi, nel 2025, il quadro appare ancora più chiaro: l’attacco all’ambiente da parte del governo Meloni non si limita ai nuovi OGM, ma investe l’intero impianto di tutela ambientale e sociale. Le TEA vengono spacciate come risposta alla siccità e ai cambiamenti climatici in nome della “sovranità alimentare” del paese, ma servono solo a rafforzare il controllo delle multinazionali sulla filiera agricola, e nessuna delle quattro aziende che detiene i brevetti principali è italiana.
Nel quadro della campagna “Il Governo Meloni dichiara guerra all’ambiente” ci proponiamo di sviluppare e approfondire gli strumenti per un’analisi critica delle “nuove” strategie di sfruttamento ambientale. Queste tecniche, elaborate da un modello di produzione in crisi, mostrano come in cui il cibo – essenziale per la stessa riproduzione della vita umana – si riveli uno dei nodi strategici su cui costruire battaglia per mettere in luce le contraddizioni di questo sistema, saldando alleanze con il mondo contadino, costruendo organizzazione e generalizzando la lotta per imporre un’alternativa radicale fuori da questo sistema, l’unica che possa garantire i diritti degli agricoltori, la difesa della biodiversità e un futuro per il genere umano.