
19/11 H19 Assemblea nazionale online verso il 28 e 29 novembre: Sciopero Generale e Manifestazione Nazionale
Viviamo in un momento storico di forte accelerazione dell’escalation bellica e della crisi ecologica, con tutti gli effetti che entrambe hanno sui territori. In pochi anni abbiamo visto l’Unione Europea passare dalla retorica della green economy come volano di sviluppo, all’economia di guerra come strumento di rilancio.
Mentre Bruxelles concede estrema flessibilità per le spese militari, impone un ritorno all’austerità su tutto il resto. In Italia, il governo Meloni recepisce questa linea senza esitazioni. L’obiettivo dichiarato è portare la spesa militare al 2% del PIL entro il 2028, ma le proiezioni del Documento Programmatico della Difesa mostrano un trend ancora più netto: includendo i fondi NATO e i programmi pluriennali, la quota reale di spesa militare può superare il 5% del PIL complessivo entro il decennio.
Il bilancio 2026 si inserisce pienamente dentro questo nuovo paradigma: già nel 2025 la Difesa dispone di circa 29 miliardi di euro, una cifra cresciuta del 36% rispetto al 2019. A questi si aggiungono oltre 7 miliardi l’anno provenienti da MIMIT, MEF e MIT, destinati a programmi “dual use”: armi, cyber, logistica strategica, spazio.
La nuova legge di bilancio incrementa questa massa di denaro, con una crescita netta di oltre 1,1 miliardi di euro (+3,52%) rispetto alle previsioni di spesa del 2025 (milex.org). Per le altre voci di spesa, invece, principalmente tagli.
I Ministeri più “tagliati”: infrastrutture e ambiente, in particolare le voci relative al trasporto pubblico locale e alla messa in sicurezza dei territori da eventi climatici estremi (che nella prima parte del 2025, complice il cambiamento climatico, sono aumentati del 31% rispetto all’anno precedente). Questo dato fa coppia con il taglio ai fondi per le risorse idriche e la prevenzione del dissesto idrogeologico, nonostante le gravissime alluvioni degli ultimi anni. Restano pressoché intatte, neanche a dirlo, le voci riconducibili investimenti per grandi opere considerate di importanza strategica, come TAV e Ponte sullo Stretto e Meloni, Fratin e Salvini continuano a blaterare di ritorno alla fissione nucleare mentre il Deposito Unico è ancora una spada di Damocle sui nostri territori.
Eppure il governo cerca di ripulirsi la faccia sbandierando 350 milioni di euro alla Protezione Civile, presentati come grande investimento per la sicurezza. Misure emergenziali, in realtà, non strutturali, ed espressamente da destinare a soggetti privati. A cosa serve continuare a tamponare le conseguenze, se si continua ad arretrare sugli obiettivi climatici e si investe in un riarmo che con i nuovi obiettivi NATO produrrà 132 milioni di tonnellate di CO2 annue?
Il Green Deal non è mai partito ma invece è tornato il Keynesismo militare, dove l’unica priorità – dalle classi dirigenti europee fino ai governi locali – è quella di sostenere l’industria bellica e la logistica di guerra.
Nel nome della guerra, i territori vengono devastati, all’estero e qui: dalla Palestina, straziata e resa invivibile con le armi prodotte in Italia, fino alle nostre città e alle nostre campagne, divorate da consumo di suolo, rifiuti tossici, estrattivismo e grandi opere a scopo più o meno esplicitamente bellico (rigassificatori e ritorno del nucleare per fornire energia all’industria della guerra, TAV e Ponte per la mobilità militare, fino a MUOS e basi NATO).
Per questo, in occasione dello sciopero generale contro la finanziaria di guerra indetto dai sindacati di base il 28 novembre e della manifestazione nazionale del 29, è ora che chi subisce sui propri territori l’effetto di queste politiche si faccia sentire.
Ci saremo, perché anche come ambientalisti, comitati e realtà territoriali è il momento di scendere in piazza per cambiare tutto, contro un governo che dichiara una vera e propria guerra all’ambiente!
Vogliamo:
1) Disinvestimento nelle spese militari, che producono morte e devastazione togliendo risorse a tutto il resto
2) Stop a tutte le grandi opere inutili ed ecocide, che supportano solo mafie, propaganda ed economia di guerra
3) Investimenti immediati per la tutela dei territori e per il contrasto del cambiamento climatico
4) Stop immediato di tutte le collaborazioni economiche e di ricerca tra le partecipate/controllate dalle istituzioni italiane e Israele
Ampliamo questa piattaforma in vista delle giornate di mobilitazione, con un passaggio condiviso in cui articolare le rivendicazioni con cui scenderemo in piazza.
Il 19 novembre, h19, assemblea nazionale online.
Contattaci per partecipare!
ig: @ecoresistenzexcambiarerotta