La democrazia commissariata per portare avanti le “Grandi Opere” di Gualtieri

Negli ultimi anni, all’interno di un ampio quadro di riforme e decreti volti a “l’alleggerimento della burocrazia” relativa alla realizzazione delle opere pubbliche, abbiamo assistito a un aumento spropositato da parte del governo nell’utilizzo dello strumento del commissariamento delle “grandi opere”. Si tratta di una misura che dovrebbe essere impiegata in situazioni emergenziali eccezionali, e di cui invece si sta abusando per superare o aggirare legittime barriere normative, favorendo il profitto facile degli investitori privati ai danni dei cittadini, che subiscono le conseguenze della realizzazione di progetti spesso inutili e quasi sempre dannosi ed ecocidi.
Il commissario prediletto dal Governo Meloni, che più di tutti pare mettere d’accordo destra e sinistra, è proprio Roberto Gualtieri, nominato Commissario Straordinario di Governo per il Giubileo nel 2022, con competenze legislative specifiche a varare il piano rifiuti su Roma e con pieni poteri (compresa la possibilità di andare in deroga) per la programmazione e la costruzione dell’impiantistica necessaria alla gestione dei rifiuti. Mettendo in atto quello che è stato definito “modello Giubileo”, il sindaco-commissario non si è risparmiato nell’utilizzo dei suoi poteri straordinari per velocizzare gli iter di costruzione di impianti direttamente legati allo smaltimento dei rifiuti, come il biodigestore di Casal Selce e l’inceneritore di Santa Palomba, e soprattutto per evitare il confronto con una cittadinanza che vi si oppone strenuamente.
Ma l’utilizzo illegittimo dei poteri commissariali non si ferma alla gestione del ciclo dei rifiuti: tra le opere giubilari è stato inserito, in modo del tutto arbitrario e ingiustificato, anche il porto crocieristico di Fiumicino, dichiarato di “interesse strategico” per il Giubileo col solo fine di aggirare la regolare valutazione di impatto ambientale e urbanistico, oltre che il controllo democratico della popolazione locale che, anche in questo caso, è attiva e determinata a impedirne la realizzazione: “Il progetto è stato inserito tra le opere giubilari ma oggi, con il Giubileo 2025 ormai concluso di fatto, questa giustificazione cade completamente. Non solo l’opera non è stata realizzata, ma non è neppure stata approvata (fino al 12 nov., n.d.r.). L’intero impianto commissariale appare come un abuso procedurale, un tentativo di bypassare la normale valutazione ambientale e urbanistica, riducendo spazi di partecipazione e controllo democratico” dichiara il Collettivo No Porto.
La manna dal cielo (dove il cielo è il governo Meloni) dei poteri commissariali potrebbe togliere le castagne dal fuoco a Gualtieri anche rispetto a quello che probabilmente è il progetto di punta del suo mandato e della sua campagna per la rielezione: lo stadio di Pietralata. Poche settimane fa, infatti, sulla scorta della necessità di strutture che rispettino i requisiti UEFA per gli Europei 2032 e del Decreto stadi, è stato nominato un commissario straordinario per gli stadi (Massimo Sessa), e ancora si discute la nomina di Gualtieri come suo vice per quanto riguarda il progetto della A.S. Roma su Pietralata. Esattamente come nel caso del Porto, “sfuggono le reali ragioni dell’urgenza” attribuita alla «realizzazione e al completamento delle opere necessarie e strettamente funzionali allo svolgimento della fase finale del campionato europeo di calcio UEFA Euro 2032»”, dichiara il Comitato Sì Parco Sì Ospedale No Stadio, in questo caso “trattandosi di una manifestazione che si svolgerà tra sette anni”.
Non va dimenticato, infine, che l’alleggerimento burocratico, e nello specifico il commissariamento delle opere ritenute strategiche, lavora in stretta sinergia con l’inasprimento della repressione nei confronti di chi protesta contro la loro realizzazione. Basti pensare all’attenzione posta dal DL Sicurezza (ora Legge) a chi si batte contro le “infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici”: la definizione di tali progetti è talmente vaga da consentire l’integrazione della fattispecie praticamente per qualsiasi grande opera inutile o nociva, come nel caso del raddoppio dell’acquedotto del Peschiera, ritenuto strategico e dunque commissariato. Le ragioni: “La società partecipata dichiara di non poter fare manutenzione sulle condotte preesistenti, dal momento che è necessario prevenire il rischio di incidenti sulle infrastrutture, e perché metterebbe a repentaglio l’approvvigionamento costante di acqua della metropoli.”. L’impatto del DL sicurezza su questa lotta sarebbe trasversale, interessando gli attivisti “in termini repressivi, dal momento che non è più possibile effettuare blocchi stradali senza finire sul penale” ma anche nel “resistere a espropri, o parlare dell’opera nei termini in cui ne parliamo noi, ovvero di denuncia dell’operato di ACEA e anche dei suoi accordi con Mekorot.”.
Anche il progetto di Stadio, in caso di commissariamento, sarebbe interessato: lo strumento del commissariamento “ comporta di per sé ampie possibilità di deroga alla legislazione vigente sia nazionale sia regionale, con facoltà di individuare l’amministrazione, l’ente o l’ufficio competente a esercitare i poteri sostitutivi; né si può tralasciare di considerare che le infrastrutture necessarie alla realizzazione del piano sono considerate di “interesse strategico nazionale.”
Insomma sembra proprio che anche a Roma, oltre che su scala internazionale, il diritto valga “fino a un certo punto”, o comunque che sia facilmente aggirabile se c’è necessità di favorire interessi privati. Il meccanismo che abbiamo individuato nella sua applicazione su Roma (che abbiamo definito “modello Giubileo”, ma che va ben oltre l’Anno Giubilare) prevede, infatti, l’asservimento del pubblico al privato, la riduzione dello Stato a mero meccanismo di “lubrificazione” che fornisce alle amministrazioni locali gli strumenti legali e repressivi per portare avanti un modello di città sempre più antipopolare e a misura di investitore.
Un modello che vedrebbe un’ulteriore cristallizzazione nella proposta di attribuire a Roma Capitale lo status di entità autonoma. Abbiamo chiesto a Giuseppe Libutti di CAIO di illustrare in cosa consiste questa nuova proposta: ”Il disegno di legge costituzionale approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 luglio 2025 introduce una riforma significativa del Titolo V della Costituzione, con l’obiettivo di riconoscere a Roma Capitale un ruolo istituzionale e politico più forte e coerente con la sua funzione di capitale d’Italia. Con questa riforma Roma Capitale viene dotata di potestà legislativa propria in una serie di materie oggi attribuite alla Regione Lazio. In questi ambiti, dunque, Roma potrà adottare leggi proprie, che sostituiranno quelle regionali. Se in futuro la Regione Lazio dovesse ottenere ulteriori forme di autonomia differenziata, sarà necessaria un’intesa tra Stato, Regione e Roma Capitale per coordinare le rispettive funzioni. In sostanza, il disegno di legge mira a trasformare Roma da semplice ente locale con ordinamento speciale a ente dotato di potestà legislativa e autonomia finanziaria, configurandola quasi come una “Regione nella Regione”. Si tratta, secondo il Governo, di una riforma “storica”, destinata a colmare un vuoto istituzionale e a dare alla Capitale strumenti adeguati per gestire la complessità amministrativa, infrastrutturale e sociale che la caratterizza.”
Assistiamo quindi alla normalizzazione della condizione “eccezionale” che con il Giubileo ha previsto un accentramento dei poteri da parte del Comune di Roma, riducendo sempre più gli spazi di agibilità democratica, ancora una volta con la complicità del Governo. Questo emerge già chiaramente a partire dalle testimonianze dei comitati.
Denuncia il Coordinamento contro l’Inceneritore: “Con la città metropolitana non c’è stato alcun confronto. Con la Regione, non c’erano e se c’erano, dormivano. I Comuni formalmente contrari hanno risposto con scarsa forza e qualcuno di questi è decaduto.” Allo stesso modo per quanto riguarda lo Stadio “ Il confronto con le istituzioni sul progetto è stato estremamente scarso. La cittadinanza è stata invitata ad accogliere una decisione formalmente ancora da prendere ma nei fatti già adottata. La prolungata negazione dell’esistenza di un bosco urbano all’interno dell’area prescelta per l’eventuale edificazione dello stadio, e tutti i successivi tentativi per derubricarne il “valore”, sono gli elementi qualificanti delle numerose, costanti quanto spesso “difficili” interlocuzioni con le amministrazioni comunale e municipali e con gli uffici competenti.” Una costante delle (non) interlocuzioni è l’assenza di chiarezza sulle ricadute delle opere sui territori. Sul Raddoppio dell’Acquedotto del Peschiera “I comuni non hanno informato le comunità. Stanno iniziando ad arrivare le lettere di esproprio e non c’è né comunicazione né tutela degli abitanti rispetto ai danni economici e di salute.” mentre sul Porto Crocieristico “Le documentazioni pubblicate (quando disponibili) non chiariscono le ricadute reali su ecosistemi costieri, qualità dell’aria, traffico, sicurezza idraulica, né gli effetti cumulativi con altre infrastrutture, riferendosi ad un progetto scritto e approvato nel 2008 che non aveva al suo interno la variante crocieristica, ma solo un porto turistico. La società proponente continua a presentarsi come “motore di sviluppo”, senza confrontarsi davvero con la cittadinanza, le associazioni e i collettivi che vivono il territorio.”
Così le disposizioni commissariali del Governo, il DL Stadi, il (ex) DL sicurezza e tutte le misure affini diventano armi legislative che mettono d’accordo tutti gli attori coinvolti, garantendo a ognuno la sua parte di guadagno: Gualtieri (e le amministrazioni locali più in generale) usa le grandi opere da lui promosse come propaganda per la sua rielezione; i vari imprenditori (da quelli coinvolti in ACEA e nella gestione dei rifiuti, fino ai capitali internazionali dei Friedkin e di Royal Caribbean) traggono profitto dalla realizzazione di opere che, senza le facilitazioni di cui sopra, non sarebbero probabilmente mai state approvate e, infine, il Governo italiano adempie al progetto neoliberista europeo che, dopo aver spinto negli ultimi anni per la privatizzazione di tutti i servizi pubblici, ora insiste sulla necessità delle “partnership pubblico-privato”, ossia dell’asservimento dello Stato e dei suoi apparati agli interessi privati. Non è un caso, ad esempio, che il DL Stadi sia inserito in una cornice europea (su spinta della UEFA) di “riammodernamento” e privatizzazione degli impianti sportivi; oppure che la gestione del Giubileo all’insegna dell’elargizione di appalti ai privati con fondi pubblici sia stata possibile solo grazie ai fondi europei del PNRR e alla speculazione edilizia.
Si tratta di politiche che non intaccano le principali criticità dei quartieri popolari, come spiega il Comitato No Stadio: “Ironicamente, le principali emergenze del quartiere sono quasi tutte indicate nei numerosi pareri negativi formulati da enti competenti, in sede di conferenza di servizi preliminare, nonché in studi commissionati o ripresi dall’amministrazione capitolina: il quartiere di Pietralata e il quadrante Est risultano infatti, da gran tempo, l’area cittadina nella quale si registra la grave sovrapposizione di molteplici forme di deprivazione: socio-economica, sanitaria, ambientale, culturale – esempi concreti di bisogni del quartiere. Tutte priorità, queste, mai effettivamente incluse nell’agenda politica cittadina, al di là di sporadiche generiche dichiarazioni d’intenti.”
Quali sono quindi le proposte avanzate dai territori in alternativa a questo modello?
Anche se in pratica, al momento, l’esigenza più stringente è “forza adeguata per impedire l’opera inutile e distruttiva”, secondo i No Inc, c’è chi come il Collettivo Balia dal Collare propone una vera e propria piattaforma rivendicativa: “Una ripubblicizzazione della risorsa idrica; Il controllo pubblico dello stato delle acque e non ad appannaggio esclusivo di ACEA; l’applicazione della Legge 5; non applicare l’ATO Unico; una comunicazione trasparente da parte delle amministrazioni e della Regione Lazio in merito ai progetti di derivazione d’acqua per il mantenimento del principio di solidarietà idrica ma attraverso la riparazione delle perdite che non devono diventare invece fonte di profitto come sono; la promozione della gestione collettiva delle sorgenti”
Anche il Collettivo No Porto espone un programma all’insegna del protagonismo degli abitanti e dei loro diritti: “Il futuro di Fiumicino non può essere affidato ai giganti delle crociere, ma deve nascere dal basso, da un’idea di sviluppo che parta dai bisogni reali: rigenerazione ambientale e tutela della costa; valorizzazione del turismo lento, della cultura e dell’accesso pubblico al mare; servizi e spazi sociali condivisi, autogestione e attività popolari (come la vela popolare) gestite dai collettivi storici e di difesa ambientale.”
Tante le voci e le lotte a contrasto di un Modello che divora Roma per gli interessi privati, che determinano priorità che non sono in alcun modo rivolte alla tutela del territorio né tanto meno al benessere degli abitanti. Far emergere il carattere sistemico di questo attacco a partire dalla specificità delle vertenze è la sfida che oggi dobbiamo porci.